martedì 18 marzo 2014

Weekend Alone & Weekend For Two



di Noah Van Sciver, Tinto Press, Denver (USA), settembre 2013 e febbraio 2014, 144 e 104 pagine a colori, brossurati, 5,25" x 8,25", $ 15 e 14 l'uno, $ 25 entrambi. 

Prima di iniziare a leggere Weekend Alone e Weekend for Two di Noah Van Sciver non pensavo di scriverne una recensione. Semplicemente non mi sembrava giusto presentare il cartoonist di Denver partendo dai suoi sketchbook, pubblicazioni che di solito sono destinate a chi già conosce l'autore e i suoi lavori più famosi, come in questo caso Blammo, la sua antologia personale, e The Hypo, opera sulla lunga distanza pubblicata dalla Fantagraphics con protagonista il giovane Abraham Lincoln. Eppure questi due volumetti, pubblicati dalla Tinto Press, sono stati una piacevole sorpresa, proponendosi dunque non solo come fedele riproduzione, senza mediazioni o correzioni, dei contenuti degli sketchbook, ma anche come divertenti letture autonome. Con una poliedricità degna dei migliori cartoonist underground, Van Sciver alterna schizzi, disegni più elaborati, brillanti storie di una tavola e veri e propri fumetti. La qualità delle illustrazioni è notevole e mi piace soprattutto come è stato reso l'uso del colore nei dipinti a pagina intera, che abbracciano una notevole varietà di soggetti, dagli autoritratti a Popeye, da finte cover di fumetti d'epoca come Secret Origins o House of Mistery ad animali antropomorfi, da nudi di donna alla star dei b-movies Gorgo. 


La varietà della parte figurativa si ripropone nei contenuti narrativi, che mettono in fila autoironiche esperienze autobiografiche, l'adattamento di un racconto breve di Dave Eggers, un coniglio con il cuore spezzato (senz'altro una delle mie storie preferite del lotto), la versione a fumetti di una poesia di William Knox, Johnny Cash in crisi esistenziale, l'amore nella Parigi dell'Ottocento, personaggi fuori di testa che fanno a botte senza motivo. Sullo sfondo il tema dominante rimane comunque il raccontare se stesso, direttamente o meno, e se vogliamo trovare un filo conduttore possiamo rintracciarlo nei momenti di solitudine e angoscia sentimentale/esistenziale descritti qua e là, a testimoniare che si tratta di libri di appunti, in cui Van Sciver si sfoga non solo come artista ma anche come persona, sempre ovviamente con l'ironia e il gusto per il paradosso che contraddistinguono tutto ciò che fa. 


In conclusione non posso non citare il racconto che più di tutti mi ha divertito, contenuto nel primo Weekend Alone: King of Comic Books vede Van Sciver viaggiare nel tempo, nella Seattle degli anni '90, quando la scena musicale era dominata dal grunge e quella fumettistica dalla Fantagraphics, casa editrice di cui l'autore era grande fan e da cui ha sempre sognato di farsi pubblicare. Nel frattempo ci è riuscito con The Hypo, anche se qui il finale a sorpresa racconta ben altro...

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