giovedì 23 ottobre 2014

Dog City #3





Il terzo numero di Dog City è fatto di dieci mini-comics, una stampa, un poster, una pagina di giornale e una piccola rivista, il tutto impacchettato in una bella scatola di cartone disegnata da Simon Reinhardt, editor dell'antologia con Juan Fernandez e Luke Healy. La copertina descrive la vita in una città abitata da cani antropomorfi, ritratti mentre si abbracciano seduti sui binari del treno o mentre fumano appoggiati al muro: intorno a loro il sole, graffiti, edifici e manifesti pubblicitari. Gli stessi cani sono i personaggi di How We Ride, il mini-comic realizzato da Reinhardt, senz'altro una delle cose migliori dell'antologia. Autore di fumetti capaci di unire humor raffinato e delicata malinconia, Reinhardt è particolarmente talentuoso nell'uso del colore, come ha dimostrato nei suoi At The Dj Screw Museum, Detectives e Lost Films. Qui, come era già accaduto in Dead Rappers, pubblicato nel numero precedente di Dog City, usa un bianco e nero fatto di uno stile cartoon dal tratto spesso, accompagnato da didascalie brevi ma efficaci. How We Ride racconta la storia di una gang di cani vestiti come umani, che vanno in giro per la città passando il tempo come tanti altri ragazzi, tra fast food e parcheggi. Non succede niente di particolare in questo fumetto, ma Reinhardt riesce a comunicare un senso di attesa tipico della gioventù, l'idea che "tutti noi andremo via da questo paese prima o poi" ma anche la sensazione che "per ora siamo bloccati qui". Nel presente questi cani possono solo godersi il momento e ululare alla luna, sperando che il futuro possa essere all'altezza dei loro sogni.




Reinhardt è presente nell'antologia anche con un'interessante retrospettiva su Taboo, l'antologia cult curata tra il 1988 e il 1992 da Stephen Bissette, conosciuto ai più per aver fornito le matite ad alcuni episodi dello Swamp Thing di Alan Moore. Bissette è attualmente un insegnante al Center for Cartoon Studies, luogo di nascita di Dog City, e infatti la grandissima maggioranza dei collaboratori vengono dalla scuola fondata da James Sturm a White River Junction, nel Vermont. Nella piccola rivista troviamo anche un articolo di Julia Zuckerberg sui diari a fumetti, un saggio sulle strisce di genere avventuroso scritto da Nik James e un'intervista con Reilly Hadden, un altro studente del Center for Cartoon Studies che ha messo insieme per l'antologia una fantastica collezione di Who's Zoo, una misconosciuta ma divertentissima striscia degli anni Venti scritta e disegnata dal bisnonno di Hadden, Tom Dibble Jr. Al di là del notevole valore intrinseco di Who's Zoo, è divertente paragonarlo al foglio di giornale realizzato da Dan Rinylo, che riprende nei disegni il tipico stile delle strips, alla Krazy Kat per intenderci, ma lo rilegge con una sensibilità contemporanea.
Per il resto Dog City contiene un poster di Laurel Lynn Lake, una stampa di Steven Krall e i mini-comics - in formati e stili diversi - di Amelia Onorato (Fortes Fortuna), Jenn Lisa (Garrettsville), Allison Bannister e Tom O'Brien (Going In Blind), Caitlin Rose Boyle ("mice"), Luke Healy (Starlight), Sophie Goldstein (Strands), Iris Yan (The Tarot Man), d.w. e Juan Fernandez (They Won't Get to You). Alla fine viene fuori una bella collezione di fumetti autoprodotti, ancor più valida se pensiamo che la maggior parte di essi sono già maturi sia nel disegno che nei contenuti nonostante la giovane età dei cartoonist.




Tra i più riusciti c'è a mio parere The Tarot Man di Iris Yan, una piccola storia di un pinguino triste e monotono che trova l'amore, ispirata dal mondo dei tarocchi. Il mini è realizzato in un rigido bianco e nero, ma alla fine possiamo trovare un pizzico di colore nel cuore del protagonista. Ottimo come sempre il lavoro di Sophie Goldstein: Strands è una commedia enigmatica ma a suo modo emozionante, dove il passato torna ad animare la vita di una donna solitaria e chiusa in se stessa, mentre il futuro sembra riservare soltanto superficialità. La storia condivide alcune tematiche con Edna II, il fumetto realizzato dalla Goldstein per il terzo numero dell'antologia Irene, e ciò conferma che l'ex studente del Center for Cartoon Studies, vincitrice quest'anno di un Ignatz Award, ha sviluppato uno stile personale e intrigante. Garrettsville di Jennifer Lisa ricorda invece per alcuni aspetti How We Ride di Reinhardt, ma usa la struttura del diario e uno stile volutamente infantile. Il fumetto descrive la vita in una piccola città e le complicazioni della crescita, mostrandoci una ragazza che si lascia pian piano alle spalle gioie e dolori della gioventù.


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